In presenza di locali destinati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati, per lo smaltimento dei quali il contribuente deve necessariamente provvedere in proprio tramite un operatore qualificato, spetta l'esenzione per la sola quota variabile della tariffa e non per quella fissa, che è e rimane comunque dovuta.
Sono queste le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 23137 del 31 luglio 2023, ribaltando la pronuncia di secondo grado e confermando un orientamento di legittimità ormai consolidato.
Questo il ragionamento della Suprema Corte.
La TARI è strutturata:
a. in una parte variabile, commisurata alla quantità ed alla qualità di rifiuti prodotti, non dovuta allorquando il contribuente provi di produrre esclusivamente rifiuti speciali non assimilabili o comunque non assimilati e smaltiti autonomamente a mezzo di ditte esterne autorizzate;
b. in una parte fissa, destinata a finanziare i costi essenziali e generali di investimento e del servizio nell'interesse dell'intera collettività, e pertanto sempre dovuta invece per intero indipendentemente dalla qualità e quantità dei rifiuti prodotti e dall'oggettiva fruizione del servizio comunale, sulla base del mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, in quanto potenzialmente idonee ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio.
Con l’Ordinanza n. 23137/2023, richiamando svariati precedenti conformi (Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 14038; Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, nn. 16994 e 16995; Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 12 agosto 2021, nn. 22772 e 22773; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29542; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, nn. 32603 e 32604; Cass., Sez. 5^, 22 aprile 2022, n. 12850; Cass., Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429) la Corte ha sottolineato e ribadito che «in presenza di locali destinati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati, per lo smaltimento dei quali il contribuente deve necessariamente provvedere in proprio tramite un operatore qualificato, l'esenzione dal pagamento della quota variabile della tariffa è totale, fermo restando, tuttavia, l'obbligo del pagamento della quota fissa, che non è parametrata alla quantità dei rifiuti gestiti dal servizio pubblico e ai costi di erogazione di tale servizio, ma è destinata per legge alla "copertura" dei costi di investimento ai quali debbono partecipare tutti i possessori di locali all'interno del territorio comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio».
Non mancano in dottrina critiche a tale interpretazione, fondate principalmente sulla differenza di normativa tra TIA1 e TARI: se con riguardo alla TIA1, difatti, l’art. 49 D.lgs. 22/1997 sembrerebbe avvalorare questa tesi, a proposito della TARI – si è detto – l’art. 1, co. 649, Legge 147/2013 afferma che nella determinazione della superficie assoggettabile a Tari non si tiene conto di quelle ove si formano rifiuti speciali senza distinzione di sorta tra quota fissa e variabile.
Quest’ultima interpretazione sembra accolta anche dalla Risoluzione n. 2/DF del 9 dicembre 2014, favorevole all’esenzione totale dei capannoni e dei depositi connessi alle aree di lavorazione; trattasi – come è noto – di mera prassi di certo non vincolante.
D’altro canto, però, a conferma della interpretazione fatta propria dalla Corte di Cassazione, si consideri il tenore dell’art. 1, co. 649, secondo periodo, L. n. 147 cit., a mente del quale “Il Comune disciplina con proprio regolamento le riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver riavviato al riciclo …”; il riferimento fatto dal Legislatore alla sola quota variabile parrebbe appunto avallare l’interpretazione secondo cui la quota fissa del tributo, del tutto slegata dalla qualità e quantità di rifiuti prodotti, è comunque dovuta.
Resta comunque il fatto che ad oggi l’orientamento della Corte di Cassazione in tema di TARI, che vuole assoggettate alla quota fissa della tariffa anche quelle superfici sulle quali si producono rifiuti speciali non assimilati, appare consolidato.